Nella serata del 15 Giugno si è svolta, in modalità telematica, una riunione congiunta tra le Sezioni di Savona e Albenga con un’ospite d’eccezione, la Dott.ssa Nicoletta Romanazzi, Mental Coach specializzata in Sport Coaching.
All’evento erano presenti anche il Direttore della Rivista “l’Arbitro” Federico Marchi e il Presidente della Sezione di Reggio Calabria, Francesco Catona.
Il Presidente della Sezione AIA di Savona, Simone Roba, ha introdotto l’evento salutando i presenti e la relatrice della serata: “L’incontro di oggi rappresenta una prima volta. Come Sezione, insieme a quella di Albenga, abbiamo deciso di proporre un ospite esterno all’Associazione. Abbiamo cercato, con il Presidente della Sezione di Albenga Igor Vecchio, una personalità al di fuori della nostra realtà ma che portasse un valore aggiunto all’attività arbitrale e l’abbiamo trovata nella Dott.ssa Nicoletta Romanazzi.”
Proseguendo nei saluti anche Vecchio è intervenuto a tal proposito: “Ringrazio l’invito da parte di Simone per lo svolgimento di questa riunione congiunta. Per la Sezione di Albenga l’incontro rappresenta la seconda tappa di un percorso che è iniziato con il raduno di inizio stagione insieme alla Dott.ssa Virida Castelbarco. Credo che questi incontri formativi siano fondamentali per i nostri ragazzi in quanto mirano a curare e approfondire gli aspetti psicologici e motivazionali della nostra attività.”
Nell’incontro la Dottoressa ha avuto modo di introdurre il proprio argomento agli associati parlando di sport, ma soprattutto di life coaching volto all’attività sportiva.
“Io sono un’allenatrice ma invece di allenare il corpo alleno la mente” – esordisce la mental coach – “insegnandovi a capire come funziona la nostra mente e come gestire le emozioni.”
Per la relatrice è essenziale capire fin da subito che una persona, non solo nel mondo dello sport, debba essere consapevole che i futuri successi siano esclusivamente il risultato dei propri sforzi, non dipesi da fattori esterni. Ciò significa assumersi le proprie responsabilità e imparare a comprendere i meccanismi del funzionamento degli stati d’animo, scegliendo di gestire gli stessi in un modo più funzionale per noi.
“Ho scelto di lavorare nello sport coaching perché è divertente: la mentalità degli atleti è interessante, in quanto sono abituati al sacrificio e a un lavoro costante. In molti credono di non poter allenare la mente, eppure si può fare davvero tanto sotto questo aspetto”.
L’allenamento della propria mente deve essere costante e richiede una partecipazione molto attiva del paziente e si chiede poi di seguire un allenamento come per l’attività fisica. La Dottoressa ha spiegato che incontra i suoi pazienti a cadenza quindicinale, in modo che gli stessi abbiano la possibilità di lavorare per costruirsi un percorso formativo ben definito.
Rispondendo alla domanda di un arbitro connesso, la relatrice ha spiegato che per riuscire ad affrontare un momento di scetticismo dovuto all’errore commesso in campo bisogna riuscire a essere in sincronia con la mente e il corpo. Tutte le volte che si affronta un momento di particolare difficoltà bisogna assolutamente restare con la mente nel presente e, soltanto alla fine della partita, riflettere su ciò che è accaduto e rendersi conto degli errori commessi.
“Ogni volta che ci proiettiamo nel passato per un errore, o proviamo a riviverlo successivamente, stiamo uscendo dallo stato di massima performance e ci stiamo perdendo”.
Un altro fattore importante è quello di essere responsabili della propria comunicazione, aspetto fondamentale su cui basare il nostro sostegno verso il prossimo e verso noi stessi.
Questa affermazione è stata indirizzata soprattutto verso gli osservatori arbitrali che comunicano con i ragazzi visionati: devono tenere a mente il significato del loro ruolo, che si traduce nel dare consigli validi. Inoltre, il rapporto descritto sopra deve essere reciproco e fiduciario: l’arbitro deve saper accettare i consigli e saperli applicare nelle partite future.
Per gli arbitri è importante sviluppare gradualmente l’abilità della leadership nelle partite, soprattutto nell’ottica di dover gestire la terna arbitrale.
“Prima di tutto, per condurre una squadra, bisogna essere in grado di guidare sé stessi” – afferma la dottoressa – “per poter essere un leader devo essere in primo luogo leader di me stesso; è solo così che l’altra persona percepirà la mia leadership e mi seguirà, al contrario mi metterà sempre in discussione”.
In conclusione, la Dott.ssa Romanazzi ha voluto elogiare la tipologia di lavoro che la stessa propone ai suoi pazienti, un impegno stimolante e travolgente che porta a ottimi risultati e fa raggiungere obiettivi concreti in un breve arco di tempo: “Per motivare coloro che si affidano alla mia professione devi mostrare l’efficienza del lavoro e il vantaggio che avranno in futuro seguendo questo tipo di percorso”.
A cura di Francesco Tortora e Andrea Bosio (Sezione di Savona)
Fonte: aia.figc